Monday, May 25, 2009

Per il fronte con furore: lettere per Pin-Ups



E' ancora una volta il New York Times a pubblicare un articolo interessante che anche una finestra sull'amore d'altri tempi, talvolta prorompente e il più delle volte impudico.
Protagonista è Donna Reed, la prima "pin-up" della storia americana e oggetto del desiderio di un'intera nazione. Si tratta in questo caso delle lettere che le venivano indirizzate dal fronte dai soldati americani. In realtà, la consuetudine di inviare lettere alle stelle di bellezza locali, non colpiva allora solo Donna. Era il 1944 e gli Stati Uniti erano ancora impegnati in guerra e così i aviatori, privates e marinai, dall'Europa al Pacifico, mandavano vere e proprie vagonate di lettere alle più famose attrici di Hollywood; nella speranza di ricevere una risposta e magari provare un brivido di libidine nel scartare la carta da lettere, trovandovi all'interno una foto autografata. Per capirsi, è come se adesso i soldati americani in Iraq inviassero, email con richiesta di foto, a Scarlett Johansson oppure a Sharon Stone. Solitamente le missive raggiungevano gli Studios dove si ripsondeva inviando semplicemente una cartolina autografata.
La maggior parte di quest'annosa corrispondenza è andata perduta, tranne quella che riguarda Mrs Reed che ha conservato le lettere in una scatola per scarpe. Le missive dal fronte sono state rese pubbliche dai figli di Donna Reed, morta a 64 anni nel 1986. Come questa: "It has been a long time since any of us boys have seen a woman, so we are writing to you in hopes that you’ll help us out of our situation.Since we know that it’s impossible to see a woman in the flesh, we would appreciate it very much if you could send us a photo of yourself".
La politica delle pin-ups veniva sostenuta anche dal governo, una nuova estetica della donna, o una vera industria, tesa a tirare su il morale delle truppe oltre-oceano: erano icone come Betty Grable, Rita Hayworth e Dorothy Lamour, solo per citare alcune, che riempivano gli zaini di uomini che combattevano una delle guerre più sanguinose della storia umana, per difendere quegli ideali che quelle bellezze rappresentavano.

Monday, May 18, 2009

In search of the lost depression


Con la depressione economica, anche i giornali si adeguano. Niente più ricostruzioni di un glorioso passato (come le tante pagine dedicate alla Jazz Age, come alle glorie militari della guerra di seccessione americana), ma ricostruzioni minuziose della crisi del '29; forse per esorcizzare il fantasma di una ricaduta più forte.
A tal proposito, da un po' di tempo, il New York Times propone dei video interessanti, come quest'ultimo http://www.nytimes.com/packages/html/national/thenewhardtimes/index.html?ref=us#/dipalo
dove la famiglia italo-americana Di Palo racconta la sua epopea commerciale dal 1925 ad oggi ...

Sunday, May 17, 2009

Edgar Allan Poe- Bicentenario dalla nascita


Marzo 1849. A Baltimora una prostituta trova un uomo accasciato tra i barili del porto. In preda al delirium tremens, l'uomo schiuma dalla bocca e s'agita in un attacco di convulsioni. La giovane etera difficilmente avrebbe potuto immaginare che quell'individuo intriso del fango del porto, schiantato su un marciapiede qualunque, ridotto dalla sua vita “maledetta” a una larva umana, fosse Edgar Allan Poe. Così moriva il più discusso e celebrato letterato americano, autore di opere i quali The Raven, The Fall of the House of Usher, The Murders of Rue Morgue e The Narrative of Gordon Pym.
Quest'anno l'America e il mondo ne “festeggeranno” il bicentenario dalla nascita. Difatti Edgar Allan Poe nacque il 19 gennaio 1809 a Boston nel Massachusetts, figlio dell'attrice di origine inglese Elisabeth Arnold e dell'attore David Poe. Poco tempo dopo la sua nascita il padre lascerà la famiglia e la madre morirà; nel 1811 quando Poe ha solo due anni. La vita del futuro scrittore è quindi segnata sin dall'inizio dalla tragedia, dal dolore insanabile di sentirsi soli al mondo. Forse per questo Poe si troverà a vagheggiare nelle sue opere una bellezza talvolta grottesca, ma salvifica e pacificatrice. Dopo la morte della madre il futuro scrittore viene affidato alle cure di un mercante di tabacco, tale John Allan di Richmond, cittadina del “profondo” Sud, nonché futura roccaforte della Virginia sudista. Degli Allan, Frances è la sua preferita. La donna infatti si troverà spesso a fare da paciere nei litigi tra il figlio ribelle e il marito arcigno e severo, tanto che verrà ricordata da Poe con nostalgia. L'atmosfera a Richmond è così irrespirabile che tra il 1815 e il 1820 Poe vive tra l'Inghilterra e la Scozia. Tornato in patria frequenta le scuole e incomincia a scrivere versi satirici. Sono gli anni dell'ossessivo ricordo della madre defunta, il cui fantasma gli farà pensare di essersi innamorato di Jane Stenard, donna ormai matura e madre di un amico. A lei dedicherà la lirica To Helen. Nel 1826 s'iscrive all'Università della Virginia, dove studia greco, latino, francese, spagnolo e italiano e si appassiona in tal modo al gioco d'azzardo da sperperare una quantità tale di denaro che John Allan, piuttosto adirato, lo richiama a Richmond. Si trasferisce poi a Boston dove pubblica una serie di poesie Tamerlane and Other Poems con lo pseudonimo Henri Le Rennet. L'insoddisfazione per l'insuccesso del volume e i rapporti sempre più tesi con il suo tutore, lo spingono ad arruolarsi nell'esercito. Gli anni successivi al 1829 sono segnati dai continui spostamenti- l'Accademia Militare di West-Point, Boston, New York, Baltimora e poi di nuovo Richmond-, la perdita della madre adottiva, l'interruzione di ogni rapporto col John Allan e la sua morte nel '34. Inoltre l'autore è vessato da una carriera letteraria che stenta a decollare e che mai decollerà, visto che Poe morirà, come già detto, povero in canna. Nel 1835 lo scrittore torna a Richmond dove diviene redattore del “Southern Literary Messenger”, vero e proprio trampolino di lancio della Southern Literature. Dal “Messenger” verrà licenziato per: “eccessiva dedizione all'alcool”. Dopodiché comincerà a emigrare da una redazione all'altra, fino a riscuotere grande successo grazie alla pubblicazione sull' “America Review” di The Raven, poema gotico e dalla grande potenza evocativa che è il canto di un amore struggente reso inappagabile dalla morte dell'amata Lenore. Tuttavia il componimento non regala a Poe la stabilità economica, anzi l'artista sprofonda sempre più nel suo etilismo che comincia a diventare preoccupante. Tre anni passano senza che scriva granché, apparte il poema visionario Eureka! . Il 3 ottobre 1849 Poe ha un attacco di delirium tremens e di lì a quattro giorni morirà.
A duecento anni dalla sua nascita è a dir poco ardimentoso solo chiedersi cosa rimanga di Poe. Si può azzardare che restino nella memoria collettiva due Poe: il Poe che venne paragonato a Baudelaire, l'autore dall'estrema immaginazione, decadente e visionario; e il Poe più pragmatico, tanto amato in America, che vive la sua vita tra una città e l'altra, uomo del Sud e scrittore di racconti per riviste. In realtà, negli Stati Uniti i festeggiamenti sono stati pochi e ufficiosi. Le società letterarie intitolate allo scrittore si sono mobilitate, ma con scarsi risultati. Colpisce, invece, l'iniziativa di alcuni fans a Baltimora, dove Poe è sepolto. Il 28 Marzo i festeggiamenti saranno non-stop (dal mattino del 28 fino alle quattro del giorno seguente!), con eventi quali un suonatore di cornamusa, lo show di David Keltz che viene spacciato per: “the most renowned impersonator of Edgar Allan Poe in America”, la degustazione dei vini preferiti dallo scrittore e The Raven's Beer, una birra creata apposta per l'occasione.
Tra le pagine a lui dedicate dai giornali americani, spicca il New York Times che ha riportato una serie di notizie curiose legate a Poe. Come lo studio di uno psicologo americano che afferma che se ti piace leggere Poe, devi essere affetto da qualche ossessione patologica ... oppure il misterioso personaggio che ogni anniversario della sua morte deposita sulla sua tomba due bottiglie di cognac!

Sunday, May 10, 2009

Truman Capote


Vogliamo dare inizio al nostro viaggio nella letteratura americana con un autore che sin dall'ultimo anno di superiori mi è entrato nel cuore: Truman Capote. Prima di tutto, però, è buona educazione che l'autore di questo blog si presenti: sono un laureando in Lingue e Letterature Straniere con la passione della letteratura americana e della scrittura. Queste pagine vogliono essere un diario, diciamo così, per riflettere, divulgare e scoprire la letteratura americana.

Per molti contemporanei il successo letterario e mediatico ottenuto da Truman Capote, nel bene e nel male, fu un mistero. Come avesse fatto uno sconosciuto “efebo” di Monroeville (Alabama) a diventare lo scrittore più famoso della New York degli anni '50 e '60, nessuno se lo seppe spiegare; ma soprattutto, da dove avesse ricavato uno stile così limpido, perfetto, quasi unico nella prosa americana, che gli valse il plauso di Norman Mailer, il quale lo definì: “the most perfect writer of my generation”, è rimasta una domanda senza risposta.

Truman Capote nacque Truman Streckfus Persons a New Orleans il 30 settembre 1924, da Lilli Mae, madre incostante e modaiola (che inseguirà per tutta la sua esistenza il sogno di una vita benestante), e Arch Persons, un commerciante squattrinato, sempre alla ricerca dell'affare che lo rendesse miliardario. Con due genitori del genere Capote viene ben presto affidato alla famiglia materna, a Monroeville. Lì rimarrà fino al 1938, quando a soli undici anni si trasferirà a New York con la madre e il patrigno Joe Capote; dal quale in seguito riceverà il cognome. Dopo aver bazzicato vari college, ottiene il diploma con un anno di ritardo presso la Franklin School di Manhattan. Sarà lo stesso Capote a dichiarare: “I wasn't much interested in school. I used to go home from school every day and I would write for about three hours. I was obsessed by it1.

E difatti, una volta libero, si dedicò con grande slancio alla carriera letteraria: dopo aver pubblicato un pugno di racconti su Mademoiselle e Harper's Bazar, nel 1948 riesce a pubblicare il suo primo romanzo, Other Voices, Other Rooms. E' questo il racconto, in toni gotici e surrealisti, del viaggio del giovane John Knox in un Sud immaginario, dove la realtà viene distorta dalle paure e dalle ansie dell'adolescenza. Un inizio in salsa gotica, quindi, che proseguirà, in toni quasi favolistici, col secondo lavoro di Capote, The Grass Harp (1951). Nonostante l'atmosfera da idillio, il romanzo verrà definito dall'autore stesso come un primo passo verso: “the new realistic art-form. For me that novel was very real”2. E poi: “My life can be charted as precisely as a fever. [...]Other Voices, Other Rooms, was a satisfying conclusion to the first cycle in my development”3. Tra il '51 e il '58 si dedicherà poi all'attività giornalistica, pubblicando reportage, ritratti e impressioni sul New Yorker.

Breakfast At Tiffany's chiuse il secondo ciclo nel 1958. Truman Capote si riferì più tardi agli anni cinquanta come “my first start towards a new art-form”4, la non-fiction novel. Sono di questo periodo, infatti, i primi esperimenti non-fiction, quali The Muses Are Heard (un reportage acutissimo, e in parte comico, sulla compagnia teatrale di Porgy & Bess e la sua tournée in Russia) e The Duke in His Domain, un'intervista a Marlon Brando; ma anche i lunghi viaggi in Europa, le amicizie altolocate (i coniugi Paley in primis), e soprattutto l'incontro con il compagno di una vita, Jack Dunphy.

Il '59 è invece l'anno cruciale nella vita di Capote; una data spartiacque. “The reason was I wanted to make an experiment in journalistic writing, and I was looking for a subject that would have sufficient proportions5 dichiarò. E' sul New York Times che una mattina lo scrittore legge dell'assassinio della famiglia Clutter a Holcomb, in Kansas. Due giorni dopo è sul posto. “I saw this item on the New York Times, "Kansas Farmer Slain. Family of Four Is Slain in Kansas." A little item just about like that."Well, that will be a fresh perspective for me"... And I said, "Well, I’m just going to go out there and just look around and see what this is 6. Resterà sul caso per ben sei anni, vivendo a cavallo tra il Kansas, New York e l'Europa, e nello stesso tempo conducendo ricerche, interviste, e sopralluoghi. Il frutto di questo intenso lavoro di ricerca è la non-fiction novel (termine coniato dall'autore stesso) In Cold Blood (1966). E' questo un romanzo, come vedremo in seguito, dove giornalismo e letteratura convivono sotto lo stesso tetto.

Tuttavia, secondo Gerard Clarke: “In Cold Blood was the beginning of the end”7 . Infatti, se assicurò a Capote fama mondiale, allo stesso tempo lo distrusse sia fisicamente che mentalmente. Oltretutto, le sue speranze di ricevere i giusti riconoscimenti, quelli dell'establishment letterario, rimasero inesaudite. “I longed so badly for some awards...”8 aveva confessato a un amico. Tutto ciò esaurì il suo sistema nervoso. Perse, insomma, quelle doti di concentrazione e disciplina, che sono necessarie a ogni scrittore; specialmente a un maestro dello stile, quale lui era. Peggio ancora, iniziò ad abusare di alcool e droga.

Nel decennio che precedette la sua morte, la sua scrittura subì difatti un collasso. Sempre più un alcolizzato, non fece che viaggiare, scrivere ogni tanto, ma soprattutto spassarsela. E nonostante continuasse ad annunciare l'uscita di un nuovo romanzo (Answered Prayers, pubblicato infine postumo nell'87), in realtà, se si eccettua ciò che uscì in Music for Chameleons (una raccolta di racconti, reportage e impressioni), Capote passò i suoi ultimi anni conducendo uno stile di vita che gli valse, tra i contemporanei, la nomea di “scrittore maledetto”. Non cercò nemmeno di dissimularlo, quando dichiarò, in una sorta d'epitaffio: “I'm an alcoholic. I'm a drug addict. I'm homosexual. I'm a genius9.

Morirà a soli 59 anni, il 25 agosto 1984, a Palm Springs, tra le braccia della fedele amica Joanne Carson. “I'm cold” mormorò in ultimo10.

1Clarke Gerald, Capote: A Biography, Simon and Schuster, New York,1988 (trad. it. di Luigi Schenoni, Capote, Frassinelli, Milano, 2007)

2Ivi, p. 44

3Truman Capote, Preface to Music For Chameleons, Random House, New York, 1980, p.3 (trad. it. A cura di G.Basso, Prefazione a Musica per Camaleonti, contenuta in, Truman Capote, Musica per Camaleonti, Garzanti, Milano, 2007)

4Ibidem

5G.Clarke, Capote: A Biography, Simon&Schuster, New York,1988, p. 247

6Ivi, p.248

7Ivi, p.305

8 Ivi, p.307

9Ivi, p. 352

10Ivi, p.431